Il naufragio della Costa Concordia, avvenuto il 13 gennaio 2012, continua a essere un capitolo doloroso nella cronaca italiana. A oltre tredici anni dall’incidente, la memoria delle 32 vittime e il dramma delle loro famiglie sono ancora vivi, uniti a una serie di eventi legali che hanno portato il comandante Francesco Schettino a scontare una pena di sedici anni di carcere. Le preoccupazioni relative alla sicurezza delle crociere marittime, al comportamento dei comandanti e alla gestione delle emergenze hanno generato un approfondito esame di quanto accaduto.
La Costa Concordia salpa da Civitavecchia con un carico di 4.229 passeggeri, pronta a concludere una crociera nelle acque del Mediterraneo. Le ore iniziali sembrano scorrere senza intoppi, ma la situazione cambia drammaticamente attorno alle 21:42, quando la nave colpisce uno scoglio nei pressi dell’Isola del Giglio. Questa manovra spericolata, conosciuta come “inchino”, voluta dal comandante, si rivela fatale per molte delle persone a bordo.
Le prime notizie sul naufragio si diffondono rapidamente. Si apprende che diverse persone sono rimaste intrappolate, mentre altre tentano disperatamente di mettersi in salvo. Emergono subito le incapacità del comandante Schettino nella gestione della situazione di emergenza, mettendo in discussione sia le sue competenze sia le decisioni prese durante il tragico evento. Due giorni dopo l’incidente, il 16 gennaio, Schettino viene arrestato e iniziano a emergere ulteriori dettagli attraverso la diffusione di una drammatica conversazione telefonica con il capitano della Capitaneria di Livorno, Gregorio De Falco, che esorta Schettino a tornare a bordo per coordinare le operazioni di salvataggio.
L’emergenza a bordo sembra essere gestita in modo confuso, con i passeggeri che cercano di orientarsi tra il panico e l’incertezza. I soccorsi cercano di fare il possibile in una situazione disastrosa. A distanza di pochi giorni dall’incidente, scuole di pensiero diverse iniziano a delinearsi sull’accaduto, portando a indagini approfondite. Il 18 giugno 2012, dopo sei mesi di laboriose operazioni, inizia il processo di rimozione della nave, una manovra complessa che coinvolge un consorzio di aziende statunitensi e italiane. Questo evento segna solo l’inizio di un lungo iter legale.
Mentre i soccorsi proseguono e la nave viene messa in sicurezza, l’attenzione si sposta inevitabilmente sulla figura di Schettino. Le accuse si accumulano: omicidio plurimo colposo, naufragio e abbandono di persone incapaci di provvedere a se stesse. Le indagini non solo mettono in discussione le scelte del comandante, ma sollevano interrogativi sul numero di equipaggio adeguato e le procedure adottate durante la navigazione.
L’iter legale prosegue, portando a una serie di decisioni e sentenze che risuonano nel dibattito pubblico. Tra aprile e giugno 2013, la Costa Crociere decide di patteggiare una sanzione monetaria, uscendo dall’inchiesta. Nel giugno dello stesso anno, il giudice accoglie la richiesta di rinvio a giudizio per Schettino, che riprende così il suo percorso nel sistema giudiziario italiano.
Dopo una lunga e articolata fase processuale, il 15 febbraio 2015, Schettino riceve la condanna a sedici anni di pena detentiva, pronunziata in primo grado. Quest’ultimo viene confermato in appello e infine dalla Corte di Cassazione nel maggio 2017, chiudendo un ciclo di indagini e processi che ha tenuto l’attenzione dell’opinione pubblica per anni.
Dopo aver scontato la maggior parte della pena nel carcere romano di Rebibbia, Schettino avanza una richiesta di semilibertà, che sarà discussa il 4 marzo 2023, segnando un potenziale cambio di stato nella sua detenzione. L’intera vicenda del naufragio della Costa Concordia continua a solcare le acque della memoria collettiva, soffermandosi su un evento che ha cambiato radicalmente le normative sulla sicurezza marittima e le pratiche di gestione delle emergenze a bordo.